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Testimonianza della nipote Flora, maestra elementare, registrata a Sant'Alberto di Zero Branco (Treviso) il 30 gennaio 2014. «- Che ricordo ha di suo zio, del partigiano Ottorino Alessandrini? Sono nata tre anni dopo la morte di mio zio, però io lo zio l'ho sempre sentito nominare in casa come se fosse assente per un momento e dovesse tornare. Perché c'era la bicicletta ... e poi continuamente si nominava lui, mentre eravamo a tavola, mentre facevamo il filò nella stalla, mentre eravamo in cortile e stavamo spannocchiando, oppure durante i lavori dei campi, lo si nominava perché era tanto forte. Era molto allegro, pieno di vita e tanto coraggioso. Dopo la sua morte l'atmosfera nella famiglia di mio papà, di mio nonno e dei miei zii è cambiata totalmente, perché prima era una famiglia di persone veramente gioiose. Si cantava sempre, dalla mattina alla sera, rifacendo i letti, lavorando nella stalla alle quattro di mattina, raccogliendo il fieno nei campi di pomeriggio. Morto lui è finito tutto. Mia nonna è stata, dopo la sua morte, per tre giorni stesa a letto perché continuamente sveniva, e dopo questo fatto - proprio malata di cuore in maniera irreversibile - è cambiato tutto. In casa si misuravano le parole, c'era un'atmosfera veramente triste, perché lei pensava sempre a suo figlio, e poi pochi anni prima era stata colpita dalla morte della bambina più piccola, di quattro anni, la zia Maria "Ninin". Le era morta fra le braccia di bronco-polmonite fulminante, a quattro anni, una bambina che già parlava ... e infatti lo zio [Ottorino] in seguito a questo lutto che aveva colpito la nonna, la prendeva sempre in braccio e le faceva fare il giro di tutta la tavola, cantava, gridava, per scuoterla. Poi è venuta la morte di Ottorino, ci mancava proprio: è stata la botta finale. - Quindi lei l'ha sempre sentito nominare. Sempre. Ho visto mia nonna sempre tristissima, ma proprio triste, triste, triste. Aveva un ciondolo appeso al petto con la fotografia di mio zio, e lo guardava continuamente. Lo nominavano sempre. - Diceva anche del cagnolino. 02:28 Il cane. Prima era il cane da caccia suo, poi è diventato il cane da caccia di mio nonno, ed è un cane che è morto di vecchiaia. L'abbiamo sepolto nell'orto, e ho visto mio nonno, che aveva combattuto due guerre, quella dell'11-'12 [Libia] e quella del '15 (Prima guerra mondiale) e aveva visto cose inenarrabili, perché aveva partecipato addirittura agli assalti all'arma bianca, me lo raccontava ... ha pianto tantissimo per la morte del cane. Perché il cane era proprio l'ultimo ricordo che aveva di suo figlio Ottorino. - Suo zio era anche un cacciatore. Sì. La caccia era un'esigenza di vita, non era uno sport. Ai tempi in cui mio zio era giovane, con la cacciagione si mangiava. Perché una volta mi hanno chiamato a scuola per raccontare le vicende di una volta e quando ho raccontato questo una collega mi ha fermato dicendo "no, non raccontarlo". Ma se mi chiami a raccontare la verità io devo dire che andavano a caccia per mangiare, se mi chiami per raccontare favole è un'altra storia. - Poi aveva anche varie attività, era un ciclista, uno sportivo. Sì. Amava tantissimo il ciclismo e amava tanto suonare la fisarmonica, la suonava bene ... avevo anche delle fotografie, ma non le trovo più. Sì, era tanto allegro, gioioso, felice proprio di vivere, pieno di progetti, di entusiasmo. 03:57 Lui è entrato nella brigata [Mameli - Giustizia e Libertà], da quello che mi raccontava mia nonna, perché era innamorato di una ragazza che non so se si chiamasse Gelinda o Zalinda - adesso è morta. Innamorato pazzo di questa ragazza. Era la sorella dei partigiani Mestrinaro [Ferdinando, 1919 ed Egisto, 1924, figli di Eugenio]. È entrato nella speranza che magari lei lo guardasse, invece l'ha soltanto illuso e dopo si è sposata con un altro. Comunque lui è entrato in quel modo. - Quindi non aveva una particolare predisposizione per la politica... Per la politica no. Era uno che amava la giustizia, questo sì, che amava le cose giuste, fatte bene ... da quello che mi raccontavano. Poi mi ricordo un'altra cosa. Mia nonna mi raccontava, proprio angosciata, che lei di notte andava dai Mestrinaro a chiedere dov'era mio zio. Col coprifuoco andava, eh. E loro dicevano "è fuori, è in missione, di qua e di là". Allora lei lo seguiva... lei lo seguiva per la strada, e lui - per non farsi sentire da lei, era giovane, agile - saltava i fossi come un capriolo e camminava sull'erba in maniera che non lo sentisse. E lei lo seguiva e gli parlava. Gli diceva "torna indietro, torna a casa, guarda che una volta o l'altra ti ammazzano", e lui non le rispondeva mai, e andava a Santa Cristina, proseguiva, a fare atti di sabotaggio probabilmente sull'Ostiglia [ferrovia Ostiglia - Treviso].» * Resistenza a Treviso / partigiani di pianura. I nove partigiani caduti in combattimento contro i tedeschi a Quinto il 29 aprile 1945.